E’ una
buona notizia. I livelli di consumo di alcol in Italia sono tra i più bassi dei
paesi Ocse e sono diminuiti costantemente negli ultimi 30 anni.
In Italia ogni
persona in media ha consumato 6,1 litri di puro alcol nel 2010 (la media dei
paesi più ricchhi è di 9 litri). Tuttavia, in base al rapporto (i dati sono di
cinque anni fa) l’età di iniziazione all’assunzione di alcolici si è abbassata
notevolmente.
In Italia la proporzione di quindicenni che ha sperimentato
l’alcol è aumentata dal 37% nel 2002 al 70% nel 2010. In altre parole, aumenta
la percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che si è fortemente ubriacato,
ovvero ha vissuto quello che l’Oms definisce un episodio di “binge drinking”,
almeno una volta nell’ultimo anno: tra i maschi, si è passati dal 21% del 2005
al 24% del 2010, e tra le femmine dal 7% al 9%.
Il consumo.
Nella maggior parte dei casi, circa i due terzi, l’alcool consumato è vino (4
litri pro capite all’anno), seguito, a larga distanza, da birra (1,4 litri) e
superalcolici (0,7 litri). Una situazione che l’Ocse valuta come “di minimo
rischio” per la salute pubblica a livello generale.
Il
confronto con gli altri paesi. l’Italia presenta moderati livelli di tassazione
delle bevande alcoliche, in particolar modo per il vino e i distillati. Il
limite massimo di alcol nel sangue (tasso alcolemico) consentito in Italia è di
0.05% che è in linea con la regolamentazione nella maggior parte degli altri
paesi dell’area OCSE (22 Paesi su 40 tra i Paesi OCSE e i key partner –
Brasile, Cina, India, Indonesia, Russia e Sud Africa – ha lo stesso limite).
La
normativa. L’Italia ha adottato politiche per limitare la vendita di alcolici
da consumare in situ e da asporto a persone intossicate e nelle stazioni di
rifornimento. L’Italia regola la pubblicità di alcolici, tuttavia ulteriori
politiche vincolanti (come ad esempio product placement, l’esibizione di
etichette di avvertimento sui contenitori di alcolici e restrizioni di vendita
in base all’orario ed al posto) non sono applicate.
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