venerdì 1 giugno 2018

Il prof. Tria, europeista critico: vuole la flat tax ed è amico di Brunetta (Il Fatto Quotidiano)

A leggere le citazioni dai  suoi articoli sembra che Giovanni Tria, scelto come ministro de ll’Economia del governo Conte, sia un altro euro-scettico del calibro di Paolo Savona. 

Sul sito formiche.net ha sostenuto la necessità di discutere un’idea lanciata da Giorgio La Malfa e dallo stesso Paolo Savona: che quando i tedeschi dicono che l’uscita dell’Italia dall’euro è inevitabile per i suoi problemi strutturali, “il governo italiano dovrebbe reagire sostenendo che è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro perché il suo surplus della bilancia commerciale non è compatibile col regime di cambi fissi che vige nell’eurozona”. Sul Sole 24 Ore ha pubblicato, con l’amico e collega Renato Brunetta, un articolo nel marzo 2017 molto netto: “Non ha ragione chi invoca l’us c it a dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, ma non ha ragione neanche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando dice che ‘l’euro è irreversibile’, se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l’implo - sione non l’exit”.
MA SAREBBE sbagliato fare un ’equivalenza tra Savona e Tria. Paolo Savona, che sarà ministro degli Affari europei, è diventato da tempo un membro della chiesa degli anti-euro più convinti, tanto che i suoi comunicati li affida al sito scenar i e c o n o m i c i .i t dove l’addio alla moneta unica è presentato  come la panacea di ogni male. Tria, 70enne romano della zona borghese di Ponte Milvio, è invece uno degli europeisti critici  che, da minoranza vocale sono ormai il nuovo m ai nstream. Per conoscere Tria bisogna partire dalla facoltà di Economia di Tor Vergata, a Roma, di cui è tuttora preside. Quella facoltà, nata nel 1987, è una creatura dell’economista Luigi Paganetto, voce molto autorevole nel dibattito sull’Europa, che ha scelto uno per uno i docenti. Tria e Renato Brunetta diventano professori con lo stesso concorso ed entrambi vengono chiamati da Paganetto. Come Brunetta,  Tria appartiene a quel filone di economisti che si sono trovati a gravitare prima in area socialista (il neo ministro siede nel comitato scientifico sociale della Fondazione Craxi) e poi nel centrodestra, liberisti ma non estremisti, affascinati dal mito anni Ottanta dello “Stato minimo”. Per questo oggi Tria non disdegna l’idea della Flat tax, anche se è abbastanza pragmatico da non credere alla “curva di Laffer” (più bassa è l’aliquota, maggiore il gettito: una teoria smentita dai fatti ma ancora popolare). Ha un curriculum lungo,ria, ma molto più solido di quello di Giuseppe Conte: ha studiato in Cina negli anni Settanta, poi a New York, Columbia University, ha lavorato con la Banca mondiale e collaborato  con vari governi, soprattutto con l’ultimo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Il solito amico Renato Brunetta, da ministro della Funzione pubblica, lo aveva voluto come consigliere nella sua battaglia contro i fannulloni. All’epoca c’erano soltanto due collaboratori che riuscivano a reggere le sfuriate di Brunetta senza scomporsi: il capo di gabinetto e futuro ministro Filippo Patroni Griffi e Giovanni Tria.
NEL 2009 Brunetta nomina Tria alla presidenza della Scuola nazionale per la Pubblica amministrazione e riesce a
ottenerne la riconferma nel  2014 in un intreccio di nomine che oggi sembra premonitore. Il lungo iter parlamentare per la scelta del nuovo presidente del l’Istat si sblocca proprio quando arriva il via libera del centrodestra per il nome di Pier Carlo Padoan. Il quale, però, all’Istat non andrà mai perché sarà chiamato da Matteo Renzi a fare il ministro del Tesoro, una poltrona che ora lascia in eredità proprio a Tria.  Fino al 2014, Tria ha curato una rubrica sul Foglio, “Diario di due economisti”, l’altro è Ernesto Felli, un esperto di politica monetaria. In questi anni ha usato quelle colonne per intervenire spesso in modo polemico nel dibattito economico, mai però su posizioni sovraniste.
Stefano Feltri

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