Attenzione ai cambiamenti radicali e repentini nel comportamento dei figli, da affrontare con l'aiuto di un esperto.
“Le droghe più diffuse tra i giovanissimi sono ancora la cannabis e l’alcool.” Non ha esitazioni Marco Boeri, presidente dalla società cooperativa L’Ancora e profondo conoscitore delle problematiche legate alla tossicodipendenza nella provincia di Imperia. L’inizio dell’intervista, che trovate allegata all’articolo, è sorprendente. “Voi considerate l’alcool al pari di una droga?” “Potenzialmente sì per l’uso che se ne può fare: ha una serie di effetti sull’organismo che sono paragonabili a quelli di altre droghe, alle quali possono aprire la strada.” Quali sono i primi segnali che possono indicare ad un genitore che il proprio figlio si sta avvicinando alla droga? “Non è semplice. Di sicuro è importante l’attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli. Un genitore molto impegnato o assente per lavoro può fare più fatica. L’adolescenza è una età particolare, affascinante ma complessa, e alcuni cambiamenti dei comportamenti sono da considerare normali: l’allarme scatta quando c’è una “frattura”, quando questo cambiamento è radicale e repentino. Ad esempio l’improvvisa perdita di interesse per cose che fino a poco prima catturavano l’attenzione del ragazzo, un’attività sportiva, una passione, un hobby che vengono improvvisamente abbandonati, oppure il cambio di compagnie con altre con più aggressività nel gruppo. Oppure ancora un crollo significativo e duraturo del rendimento scolastico.Naturalmente tutto questo significa principalmente che è successo qualcosa, non necessariamente un avvicinamento alla droga ma comunque un cambiamento che è da esplorare.” Cosa può fare un genitore di fronte a questo cambiamento? “Quello che possono fare i genitori è cogliere una serie di campanelli di allarme e approfondirli, parlando ai loro figli guardandoli negli occhi. Bisogna dare valore alla loro personalità ma fargli capire che non è ancora risolto il compito educativo della famiglia.” Lei ha detto di guardare i propri figli negli occhi, in senso figurativo, ma anche nella realtà dagli occhi si può avere un segnale della assunzione di droghe? “Si certo, molte sostanze possono avere efetto proprio sugli occhi: la mariuana spesso provoca un arrossamento del globo oculare e una dilatazione delle pupille, l’eroina invece le fa diventare, come si dice in gergo, a spillo, e ad esempio un ragazzo che inizia ad indossare spesso gli occhiali da sole in casa può far alzare il livello di attenzione.” Qual è l’età media alla quale bisogna cominciare a fare attenzione? “La fase più esposta a questo tipo di pressioni è quella degli istituti superiori, abbiamo però anche segnali di casi precoci, anche nei primi anni delle medie, quindi è bene cogliere segnali di disagio anche nella preadolescenza. Anche in questo campo, come altri della medicina, una diagnosi precoce aiuta a risolvere problemi che con il tempo diventano più difficili da affrontare.” La droga richiede anche una disponibilità finanziaria, ma all’inizio il rischio è che venga regalata ai giovani per tirarli dentro il giro? “Si, il problema è che certe sostanze hanno una attrattiva ed hanno anche degli effetti che sembrano positivi all'inizio e quindi attraggono, ma è chiaro che ci sono degli effetti collaterali fisici e psicologici gravi.Tra l’altro i prezzi della droga sono crollati negli ultimi dieci anni, gli stereotipi come quello che vuole che la cocaina sia la droga dei ricchi si sono ridimensionati, però un campanello di allarme è ovviamente la richiesta di più soldi, anche se fatta ad esempio attraverso la richiesta di un compenso per piccoli lavori: può essere un momento di crescita favorito dai genitori ma anche un segnale diverso. Come sempre bisogna cercare di capire i nostri figli.” Cosa può fare un genitore che ha il dubbio o la certezza che il proprio figlio stia facendo uso di droga? “Quando ci sono ragionevoli dubbi è importante confrontarsi con qualcuno per vedere come gestire la cosa, anche perché nell’adolescenza i ragazzi non accettano più di essere trattati come bambini quindi il castigo, o il “non ti faccio più uscire”, anche se accettati dal ragazzo non hanno altro esito che quello di far passare la bufera ma non risolvono nulla. Noi ad esempio all’Ancora abbiamo il progetto Prisma, che consente di parlare con un esperto coinvolgendo il ragazzo e la famiglia peresplorare la situazione reale che non è mai quella che i genitori vedono: loro di solito sono sempre gli ultimi a cogliere determinati segnali.L’incontro è naturalmente coperto dalla massima riservatezza e non comporta nessuna segnalazione ad altri enti.”
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