sabato 27 dicembre 2014

Altro che leggera, La cannabis danneggia il cervello, per sempre

“Dai, provala, non ti fa niente (di male)!” insiste un altro. Non è così. La cannabis, a torto definita droga “leggera”, non lo è affatto. Men che meno per i cervelli dei giovani. Anzi: “È una chiave contraffatta, perfetta sì per entrare nel cervello, perché all'inizio imita ciò che fanno le sostanze prodotte dal cervello stesso. In realtà è un ladro in guanti bianchi, capace di forzare le serrature della mente e danneggiare il codice genetico delle cellule nervose.
Riduce così progressivamente la loro capacità di formare sinapsi (“sinaptogenesi”), le nuove connessioni con cui i neuroni si parlano tra loro. Tanto più quanto più l'uso è frequente e persistente. Le sinapsi sono la base biologica delle funzione principali del cervello: imparare, associare, ricordare, progettare. Riducendo la capacità dei neuroni di connettersi, la cannabis deruba di potenzialità, di talenti, di sogni, di futuro il cervello e la vita dei nostri ragazzi. E il marchio resta per sempre”. Parola del Professor Giovanni Biggio, neuroscienziato, che ne ha parlato in una rigorosissima relazione su “Cannabis: in e out dal cervello degli adolescenti”, al Forum internazionale di pediatria Paidòss a Napoli. 
Perché la cannabis è ancora più dannosa per il cervello giovane? Perché un cervello in maturazione è molto più vulnerabile ai danni che la canna produce, soprattutto quando sono coinvolte le aree del piacere (il nucleus accumbens), le aree delle emozioni (amigdala) e la corteccia prefrontale, il grande controllore degli impulsi, da cui dipende la capacità di prendere decisioni ragionate. Ossia pesate, valutando pro e contro, e non prese sull'onda delle emozioni, degli entusiasmi, dell'impulsività, appunto. Un controllore mentale che oggi matura con grande ritardo rispetto ai decenni (e ai secoli) passati: a 24 anni per le femmine e a 28 per i maschi. In che modo la cannabis, ma anche altre sostanze, possono danneggiare il cervello? Quando entrano nel nucleo della cellula, possono modificare stabilmente l'attività di uno o più geni. Questa modifica, tra l'altro, si trasmette poi ai figli: la modalità è detta epigenetica. È oggi al centro delle ricerche perché è questa la via attraverso la quale l'ambiente in cui viviamo, e che include i cibi e le sostanze che assumiamo, modifica il nostro patrimonio genetico. E che ci spiega perché i figli di alcolisti o di tossicodipendenti hanno più probabilità di diventare a loro volta alcolisti e/o tossicodipendenti: il loro patrimonio genetico, già a livello di ovociti e di spermatozoi, è diventato più vulnerabile a queste sostanze.
Tornando agli adolescenti, dobbiamo ricordare che il cervello dei giovani è incredibilmente elastico e duttile. In positivo, questa è la base della straordinaria capacità di apprendere che hanno bambini e giovani, se opportunamente stimolati e incoraggiati. In negativo, il loro cervello è molto più recettivo e vulnerabile a strutturarsi su collegamenti e vie nervose che facilitano poi comportamenti a rischio. Soprattutto se questi attivano proprio quel nucleo accumbens, che è la centrale del piacere e della gratificazione, e che è massimamente attivo proprio nell'adolescenza. Se la cannabis attenua l'apprensione, aiuta a stare meglio nel gruppo, riduce l'ansia sessuale e consente esperienze più rilassate e soddisfacenti con gli amici e nel sesso, diventerà sempre più naturale il prenderla “prima di”. Finché non se ne potrà fare a meno: le nuove connessioni che si sono create nel cervello portano a comportarsi, quasi in automatico, in un certo modo. Con una progressiva riduzione della vera libertà di scelta. Ecco che il ladro in guanti bianchi comincia a presentare il suo conto: riduzione persistente della memoria e delle capacità cognitive ma anche rischio aumentato di sviluppare psicosi. In sintesi, la cannabis è neurotossica per il cervello sano e lo segna per sempre. Attenti dunque alle banalizzazioni ideologicamente distorte. 

Alessandra Graziotin (tratto da gazzettino.it)

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